NATALITÀ: PER IL PRESIDENTE DELLA SIN SIAMO IN GUERRAStiamo diventando un paese di anziani e sempre più povero. Sostegno prima e dopo la nascita e stabilità al ruolo sociale delle mamme, le priorità per la Società Italiana di Neonatologia
“In Italia nascono sempre meno bambini, un numero nettamente inferiore rispetto ai decessi (464.000 nati per 647.000 morti – Istat 2017), meno anche rispetto agli anni della prima e seconda Guerra Mondiale.Perdiamo ogni anno circa 180.000 persone, è come se città come Modena o Reggio Calabria fossero azzerate.” Il Presidente della Società Italiana di Neonatologia (SIN), Prof. Fabio Mosca,
lancia l’allarme riguardo al difficile e preoccupante problema della denatalità in Italia.
L’Italia è tra i paesi che fanno meno figli al mondo. L’indice di fecondità (numero di figli per donna in età fertile) è 1,34, siamo con la Spagna il fanalino di coda in Europa. Secondo le ultime previsioni Eurostat, sulla base dei trend attuali, nel 2050 nasceranno appena 375 mila bambini, il rischio è che la famiglia italiana sarà completamente ridefinita: tre quinti dei nostri bambini non avrà fratelli, cugini, zie e zii; solo genitori, nonni e bisnonni. Stiamo diventando un Paese con prevalenza della popolazione anziana: già oggi per 161 persone di età maggiore di 64 anni, ci sono solo 100 bambini di età inferiore a 15 anni.
Di questo passo il welfare diventerà insostenibile, già oggi il rapporto tra la popolazione in età inattiva su quella attiva è del 55%. Bisogna invertire questa tendenza, per la SIN, incentivando innanzitutto la natalità e per farlo occorre ricostruire un tessuto sociale e delle facilitazioni per le famiglie, che oggi in Italia non sono sufficienti. Non è un caso che nelle regioni del Sud ormai da più di 10 anni la natalità sia più bassa che al nord.
“La questione non è solo economica – sottolinea Mosca – ma anche culturale. Il problema vero è che l’Italia non è neonato (e bambino) – centrica, il figlio è visto come un vincolo, un limite alla libertà, all’autonomia e all’affermazione personale, il nuovo stile di vita è individuale, “child free”. Ma una società senza figli è una società senza futuro. Non basta ridare autonomia ai giovani e renderli indipendenti prima, togliendo incertezza e precarietà, creando prima le condizioni per favorire decisioni familiari riproduttive. Non basta migliorare le politiche per la conciliazione tra casa e lavoro, rendendo l’organizzazione più adatta alle madri lavoratrici e offrendo asili e servizi numericamente ed economicamente adeguati. È ormai non più rimandabile adottare politiche che previlegino le donne, garantendo lavoro e stabilità, partendo dalla consapevolezza che oggi le donne che lavorano fanno più figli.”
La SIN, insieme ai colleghi della Società Italiana di Pediatria (SIP) e della Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia (SIGO), con il necessario supporto delle Istituzioni e di tutti i soggetti coinvolti, può certamente fare qualcosa per sviluppare una nuova mentalità a favore delle nascite.
“Innanzitutto occorre ridare fiducia e sicurezza alle famiglie – continua il Presidente SIN – sostenendo le mamme prima e dopo la nascita. Le madri infatti dispongono di supporti economici e strutturali non adeguati (un figlio costa molto, nel primo anno di vita 7.000 – 15.000 euro, 120.000 euro fino a 18 anni), bisogna ripensare ad un welfare più attento ai figli e alla gravidanza, che prosegua negli anni, mettendo i neonati e le loro famiglie al centro di un articolato progetto politico di sostegno.
È anche necessario migliorare l’attuale “percorso nascita” italiano, garantendo la migliore assistenza possibile al neonato e ai suoi genitori, soprattutto eliminando le differenze regionali. Oggi solo il 10% delle donne allatta al seno oltre il sesto mese: è evidente che non ci sono le condizioni ottimali per facilitare e proteggere l’allattamento materno, indicatore di un “sistema” che non tutela mamma e neonato in un periodo così importante della vita, che ha rilevanti ripercussioni sulla salute futura di entrambi. Occorre, inoltre, focalizzare la nostra attenzione sui soggetti più fragili in assoluto, i neonati prematuri, poiché sostenere questi bambini e le loro famiglie in modo adeguato, oltre ad essere necessario, contribuisce ad accrescere la fiducia nel nostro Sistema Sanitario, che comunque resta tra i migliori al mondo”.
Un dato positivo importante però c’è: i giovani italiani desiderano ancora avere figli, quindi c’è margine per invertire questa tendenza. Tre giovani su quattro, secondo l’Osservatorio Giovani 2013/17, vorrebbero avere due o tre figli.
Per sostenere la natalità, la Società Italiana di Neonatologia auspica una presa di coscienza collettiva e il coinvolgimento sinergico di tutti i soggetti interessati: le società scientifiche, le associazioni, le istituzioni sanitarie, gli studiosi, le imprese, le scuole e, in primis, la Politica nazionale e locale.
“Occorre mettere in campo tutte le risorse disponibili, affinché gli italiani tornino a fare figli e le coppie decidano di formare una famiglia, sentendosi sostenute e fiere di essere genitori – conclude Mosca – per mettere davvero IL NEONATO AL CENTRO DEL FUTURO”
Fonte: Ufficio Stampa – Società Italiana di Neonatologia (SIN)
Grazie per aver sollevato questo argomento, che mi sta in effetti molto a cuore, inserendo dati, statistiche e informazioni utili. Vivo in Francia, paese con il tasso di natalità più alto in Europa, e mi sconforta vedere il confronto con il mio Paese, perché per me pensare ai figli, come dice il Prof. Fabio Mosca, è davvero pensare al futuro. Anche se significa rinunciare o posporre il giro del mondo o un aperitivo al giorno o l’inaugurazione dell’ultima mostra. Trovo importante che si parli dell’abbassamento delle nascite, soprattutto per poter studiare misure sinergiche che possano davvero sostenere le femiglie, e le donne in particolare!