“Solo quando avrai un figlio potrai capire”… ma cosa?

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Oggi sulla bacheca Facebook di una mia amica ho trovato condiviso questo articolo “Solo quando avrai un figlio potrai capire – sfatiamo questo mito” accompagnato da questo suo commento:

«Solo quando metti al mondo un bambino puoi capire cosa significa amare» questa frase, all’apparenza dolce, è l’emblema della mitizzazione materna.
Boh, io che non ho figli amo di meno?

Ho letto l’articolo e l’ho trovato molto interessante.
Infatti, anche se dal titolo potrebbe sembrare che affronti il tema nella sua ampiezza, si concentra solo su un aspetto: la capacità di amare.
E lo fa, secondo me, toccando i tasti giusti evidenziando come il “grado di amore” che siamo capaci di provare, è indipendente dall’avere o meno dei figli e sottolineando che infatti molti genitori, pur avendo figli, non sono capaci di amarli nel modo giusto.

Soprattutto però mi ha colpito il dubbio della mia amica “io che non ho figli amo di meno”?
E mi sono detta: se ad una donna viene da porsi un dubbio simile, vuol dire che stiamo sbagliando qualcosa.

Sotto il post inoltre, c’erano molti commenti di chi si è fermato solo al titolo e che ha quindi detto la sua sulla frase in generale “se non hai figli non puoi capire”, una frase che ci sarà sicuramente capitato di dire o pronunciare.

Ed ecco cosa ne penso io su tutto ciò:

Se non hai figli non puoi capire, è vero?

Credo che sì, molto spesso sia vero che per capire fino in fondo una cosa, bisogna provarla in prima persona.
Ad esempio puoi guardare migliaia di bellissime foto, documentari e video approfonditi sui luoghi del mondo, ma nulla potrà trasmetterti le stesse sensazioni ed esperienze di un viaggio fatto in prima persona.

Puoi sentir parlare quanto vuoi di un cibo, ma non potrai mai capire fino in fondo di cosa si tratta finché non lo assaggi.

Puoi informarti e studiare quanto vuoi sui libri tutto ciò che è possibile sapere sugli animali, ma nessuno studio potrà mai trasmetterti le sensazioni e la consapevolezza che ti dà VIVERE con un animale: accarezzarlo, amarlo, godere di tutte quelle piccole cose buffe, dolci, dispettose che a volte fanno.
Nè è sempre sufficiente a darti delle soluzioni a tutti quei problemi ed imprevisti che a volte ci si ritrova ad affrontare.Per dire, potrebbe essere facile pensare “il gatto non lo farò mai salire sul letto o sul tavolo” finché non ce l’hai 😄

E così via, per tante altre cose, compresa la genitorialità.

In fondo tutti quelli che hanno avuto figli, prima non ne avevano… quindi possono (possiamo) fare facilmente un confronto tra il prima e il dopo, rendendoci conto che “dopo” sono effettivamente subentrate delle sensazioni che prima non sapevamo nemmeno di poter immaginare (compreso un tipo di amore “unico nel suo genere”); esperienze che ci hanno costretto a pensare e ad agire in modi che prima non avevamo bisogno di considerare.
E’ infatti difficilissimo stabilire in anticipo che genere di genitore sarai, proprio perché ci si ritroverà ad affrontare qualcosa di imprevedibile, anche a livello emozionale.

Tutto questo però non vedo cosa c’entri con la “capacità di amare”, nè tantomeno c’entra qualcosa con la realizzazione personale, il sentirsi completi o l’essere felici, concetto che in questo caso non è nemmeno in discussione, ma che vale sempre la pena ribadire!

Insomma, non credo affatto che il mio essere madre mi renda più o meno capace di amare rispetto a chi non lo è!
Anzi, credo fortemente che (come spiega bene anche l’articolo) per amare nel modo giusto un figlio sia necessario essere A MONTE capaci di amare nel modo giusto!

Non è assolutamente detto infatti che il mettere al mondo un figlio “sblocchi” automaticamente un amore incondizionato, altrimenti non esisterebbero tanti genitori anaffettivi e manipolatori. Per non parlare poi di quelli negligenti o violenti nei confronti dei figli.

E questo mito diffuso sulla madre fonte naturale di gioia e amore, non solo ferisce chi non ha figli, ma è dannoso anche per chi ne ha!
Molte donne infatti, dopo il parto (ma anche prima), invece di provare quella tanto decantata felicità e amore materno… entrano in depressione.

A quel punto però, convinte che sia qualcosa di inaccettabile e innaturale… se ne vergognano! Convinte che una madre debba PER FORZA essere felice, debba PER FORZA amare suo figlio.
Così, invece di affrontare e magari risolvere il problema, lo nascondono… portandolo ad ingigantirsi sempre più con conseguenze spesso drammatiche sia per se stesse che per i figli. 

Se ci impegnassimo a sfatare questo mito, ne guadagneremmo tutti!
Chi non ha figli smetterebbe di sentirsi ingiustamente giudicato o addirittura “menomato” e chi ne ha sarebbe in grado di accettare liberamente le proprie emozioni e i propri limiti, senza pressioni e aspettative dall’esterno! E soprattutto senza pretendere che la capacità di essere un bravo genitore e di amare nel modo giusto il proprio figlio “cada dall’alto” come un dono divino.
Smetteremmo di prendere come un attacco a noi stessi come persona qualsiasi consiglio (magari dato anche da esperti) riguardante i nostri figli, chiudendoci a riccio ed escludendo la possibilità che qualcun altro al di fuori di noi possa apportare qualcosa di buono alla nostra esperienza come genitori.
Accetteremmo invece che sono cose che si possono non saper fare in modo innato, ma che proprio per questo è possibile imparare.

Quindi sì, la maternità è un’esperienza unica, questo non si può negare.
Come sono uniche tutte le esperienze!
Ma “unica” non significa per forza “migliore” e in ogni caso non ha nulla a che vedere con la capacità di provare e dare amore o di essere felici e completi.

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