Devo dirlo….da sempre sono stata scettica di fronte all’improvvisa escalation da parte del cibo e del mercato “bio”… sarà che quando vedo un concetto trasformarsi in ossessione e quasi in religione la mia naturale reazione è sempre quella di diffidare e di iniziare a pormi delle domande come “ma sarà davvero così tanto migliore?” “il resto è davvero così tanto pericoloso”?
E mentre tante mamme intorno a me affermavano di dare ai loro figli SOLO cibo biologico, di usare SOLO prodotti biologici e facevano sembrare te (cioè me) che compravi le zucchine al Lidl e usavi la cremina per il culetto della chicco una mamma assassina… continuavo ad avere in testa dei grossi “mah” e alla fine fine che ci volete fare, non mi sono mai sentita poi così degenere…
Questo mese Altroconsumo sfida l’impopolarità nel numero di settembre mettendo il naso proprio nel Biologico, cercando di distinguere la mitologia dalla realtà. In un momento dove il Bio è spalleggiato addirittura a livello politico, oltre che dalle aziende della grande distribuzione, è stata un’azione coraggiosa, voi cosa ne pensate? Queste le loro parole:
“Il cibo come fede
Non crediamo in bio: forse è stato questo titolo a turbare e a scatenare reazioni al nostro articolo sul biologico . Bene, non era né casuale né scelto con leggerezza. Era anzi volutamente provocatorio per far riflettere – e magari discutere, come è avvenuto – su quello che è il nuovo approccio al cibo, quasi un credo, una religione. Il cibo è legato alla nostra visione del mondo, ai nostri valori, ma anche a paure profonde. E in un mondo che si fa sempre più minaccioso, anche decidere che cosa mangiare è diventato motivo di ansia. Si cerca qualcosa di rassicurante, che ci metta in pace con noi stessi, forse anche di salvifico. E nel biologico spesso si trova sicurezza, per la propria salute, ma anche per la propria coscienza. I presupposti di alcuni regimi alimentari sono non solo condivisibili, ma devono essere al centro di battaglie su cui tutti dovremmo impegnarci, come la salvaguardia della natura, il rispetto degli animali, i diritti dei lavoratori, l’attenzione alla salute. Il problema sta nel fatto che certe adesioni fideistiche rischiano di diventare vere ossessioni, come quella per il bio o per il veganesimo che a volte sfociano in forme di integralismo.
Allo stesso modo, certe ansie per la forma fisica o la magrezza sono placate con perniciose soluzioni pseudosalutistiche che stanno inducendo sempre più persone ad adottare regimi alimentari insensati, punitivi e carenti dal punto di vista nutrizionale: latte e derivati, glutine, carboidrati sono diventati il demonio, incubi allergenici da cui sfuggire. Il rischio è cadere in fobie o nuove forme di disturbi alimentari, come l’ortoressia, il terrore di introdurre nel nostro corpo qualcosa di impuro.
La verità è che dietro la buona fede di chi ci crede, ci sono mercati globali milionari che prosperano.
E il cibo convenzionale – di cui si nutre la maggioranza delle persone, che ha pur sempre diritto a mangiar sano – non è per forza il demonio. La crescente richiesta di alimenti biologici crea grandi occasioni di business: non sono tutti campi di grano, fattorie e caprette sull’erba, come vuole l’immaginario, e anche molte multinazionali dell’alimentare o catene di distribuzione sono entrate in questo fiorente mercato. Fare informazione indipendente è anche questo: vedere le cose con occhio obiettivo e su basi scientifiche e razionali. Saper sfidare l’impopolarità, non essere accondiscendenti solo per non urtare qualche sensibilità. Altrimenti, il mondo è pieno di siti e riviste di cucina e di salute che vi raccontano quello che volete sentirvi dire, per poi comprare contenti quello che altri decidono che compriate.”